GIAMPAOLO MAJONCHI
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Peggioro a vista d'occhio

date » 31-01-2019 10:23

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Vorrei aprire una rubrica fotografica e farmela pubblicare da qualche giornale, magari sulla Repubblica al posto di Fotocrazia di Smargiassi.
Si intitolerebbe "Poche Seghe", termine ormai universale per definire il concetto basilare di sfrondare di molto il corollario del niente che tiene su parecchia merce, in qualsiasi ambito, e,ovviamente, anche in quello fotografico.
Poche Seghe nel condire di interminabili concetti filosofici storie che non hanno nulla da raccontare, figuriamoci i concetti filosofici.
Poche Seghe su sta pippa della fotografia "al femminile" dove la stragrande maggioranza è convinta che una doppia esposizione eterea, un pò di contorsionismo e molto mosso su pseudo nudo in bianco e nero, faccia di quelle immagini un qualcosa di intimo e profondamente intellettuale, mentre ormai la cosa si avvicina più al ciclostilato.
Poche Seghe a tutto questo proliferare di workshop dove ti vogliono insegnare a imitare qualcuno,molto spesso il fotografo stesso che tiene l'workshop.
Poche Seghe a tutti sti ambassador, che si rincorrono con prove "sul campo" per recensire a pagamento l'ultimo giocattolino per i fotocomplessati che continuano a chiedere "con che macchina l'hai fatta?"
Poche Seghe alle mie foto in bianco e nero, con la toy camera di turno, sbavate di sviluppo, asciugate male e graffiate, sempre uguali a se stesse.
Poche, pochissime, seghe a tutte ste macchine fotografiche, che vengono sfornate una dietro l'altra, con un numerino in più e un bollino in meno, migliaia di euro per fare la foto alla panchina.
Di inverno.
Solitaria.
Nella neve.

Workshop con Luca Mata a ISO600

date » 02-08-2018 22:46

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tags » workshop, instant, polaroid, sx70, fuji, sq6, wide, modelsharing,

Ho avuto il piacere di essere selezionato per esporre qualche immagine instant a ISO600, che si è svolto a Riccione, dove ho presentato alcuni scatti del progetto "One for you and for me" sia del viaggio in Iran sia di quello in Vietnam.
Nel corso della manifestazione ho partecipato anche ad un workshop/model sharing di fotografia tenuto da Luca Mata con la modella Phuong Ong, una prima volta assoluta per me, interessato sopratutto alla tecnica di ripresa e anche all'uso "violento" del flash (una delle caratteristiche delle foto di Mata) strumento che uso sempre pochissimo, ma che in questa occasione ho trovato divertente da provare.
In generale l'esperienza è stata positiva, anche se troppe persone accalcate non hanno facilitato il tentativo di creare un qualcosa di meno frettoloso, scattando anche mentre altri chiedevano la posa e, certamente, non ha permesso di creare quel feeling necessario con la modella, cosa che ovviamente è basilare in qualsiasi tipo di fotografia si faccia dove è coinvolta una persona.
Ma è stato comunque interessante e divertente.
Ho usato una serie di apparecchi, con diverse caratteristiche, e questi sono i risultati

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La mamma di Marco

date » 25-09-2017 12:17

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tags » marcopesaresi,

In questi mesi sono stato ad Arles, a Cortona, a Savignano e pure a Macerata Feltria (dove ho potuto finalmente ascoltare Francesco Cito, dopo anni di incontri mancati).
Ho visto di tutto, e, alla fine di questa grande scorpacciata di fotografia, mi rimangono, come sempre, ricordi di lavori superlativi, mediocri e pessimi.
Inutile fare un report di cose già scritte e, credo, condivise da chiunque frequenti con una certa costanza i festival di fotografia.
Mi rimane il rimpianto di non essere mai riuscito ad andare a Perpignan, perché collocato in date difficili da gestire con il mio lavoro, subito a ridosso della fine delle ferie. Cosa a cui porrò rimedio molto presto comunque.
Ma oggi mi voglio soffermare sulla piacevole sorpresa che ho avuto (io e tutti i visitatori ovviamente) nell’andare a visitare una bella retrospettiva su Marco Pesaresi a Savignano, ovvero il conoscere sua madre, una donna minuta, un fascio di nervi con caschetto rosso, che introduceva e accompagnava i visitatori all'interno della mostra.
Non sono un duro, anzi direi che sono più molle di un semolino annacquato, e mi ha colpito l’aspetto genitoriale di questo incontro.
L’energia con la quale ci ha raccontato gli aneddoti avvenuti durante la realizzazione di alcuni dei progetti, autentici capolavori, del fotografo riminese e la forza che deve mettere, tutti i giorni, per mantenere vivo il ricordo del figlio venuto a mancare ormai dal 2001.
Non nascondo di essermi commosso per questa donna che ha perso un figlio in quel modo, ma non solo, ha perso un artista, uno di quei pochi eletti con il dono della visione.
Se Marco Pesaresi avesse scelto di vivere, oggi, a 53 anni, sarebbe nel gotha della fotografia mondiale, perché le sue opere trascendono dal reportage, dal racconto e dalla fotografia stessa, perché il modo di trasmettere le sue visioni, per quanto mi riguarda, difficilmente sono riscontrabili in altri autori attualmente in giro.
Metto sotto una delle sue foto più famose, tratte dal lavoro su Rimini, una di quelle che mi ha sempre colpito, e che la mamma ha portato a Savignano; ditemi se dentro non ci vedete Michelangelo per la gestualità, Fellini e la sua Rimini e Marco stesso, riflesso in quegli occhi che non guardano niente ma che dicono tutto.
Un grande peccato, per la famiglia che ha perso un affetto, per tutti noi che abbiamo perso un genio.



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L'Uomo di Neanderthal

date » 18-07-2017 14:30

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Come un bambino ho giocato con le mie istantanee, ho gustato a fondo quel momento in cui separi il negativo dal positivo e vedi l'immagine perfettamente esposta, gustandomi anche la delusione di un fuori fuoco o di un mosso.
Il leggero ronzio del motorino che espelle la pellicola, la foto che si manifesta in pochi secondi.
Davvero non ce la posso fare a lasciare tutto questo.

Off topic

date » 02-06-2017 17:17

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Ormai di foto parlo e scrivo e basta, farne nemmeno a parlarne e, probabilmente, mi sto pure inacidendo dato che sempre meno sopporto quello che vedo in ambito espositivo fotografico.
Oggi tocca alla Fotografia Europa in mostra a Reggio Emilia, prima assoluta per me, nonostante la relativa vicinanza da dove abito, e nonostante ogni anno faccia centinaia di chilometri per vedere Arles e Cortona, questo festival non lo avevo mai preso in considerazione.
Credo si sia capito dalle prime parole che, per quanto mi riguarda, e sottolineo per il mio personalissimo, inesperto, gusto questo viaggio sia stato fondamentalmente un fiasco.
Posso riassumere così..
Se non ci fossero state la mostre di Strand e Gardin (ma anche di Ghirri, che per inciso non mi ha mai sconvolto) sul progetto di Zavattini “Un paese”, una ulteriore bella retrospettiva sulla vita artistica dello stesso Gardin e qualche bello scatto, sparpagliato tra le varie location, ci sarebbe stato da chiedere il rimborso del biglietto.
Non so davvero interpretare quello che ho visto, ma soprattutto non capisco la logica di chi seleziona certi progetti, più degni di una biennale di arte contemporanea che non di un evento fotografico.
Una delle cose che mi urta maggiormente è “la giovane fotografia” questo imperversare di “assenze” decine di “progetti” che nascono “dalla necessità di documentare..”
Ma necessità di chi? E, soprattutto, documentare cosa?
Un festival della futilità, senza capo e ne coda, foto e fotografi che si emulano a vicenda in un ripetersi continuo, come se i vari autori fossero parte di una stessa Matrioska in balia di una tempesta che li lascia concettualmente e perennemente in alto mare, senza possibilità di approdo.
Tanto sono in difficoltà che ho necessità di mettere delle foto a corredo, per cercare di trasmettere il mio pensiero e la mia insofferenza a questa esibizione, certamente snob, di prosopopea artistica.
Ma sbaglio io...certamente non sono all’altezza di capire, perché queste situazioni hanno preso il sopravvento, e se migliaia di persone fanno questa arte, e migliaia di critici ci sbrodolano sopra parole (così tante, e necessarie, da coprire il niente che descrivono) vuole dire che tra la Fotografia e il semplice appassionato, come sono io, si è creato un solco difficile da riempire.
E’ anche vero che i gusti sono vari e variabili, che la fotografia che piace a me non è certamente quella concettuale, non lo è mai stata e mai lo sarà e che molto probabilmente non sono un campione rappresentativo, d’altronde si parla di giovane fotografia ( e per quanto mi riguarda sono un acceso fautore del “largo ai giovani” ) e io di giovane comincio a non avere più niente.
Lascio a queste poche foto la descrizione del mio disagio ( ma,posso assicurare,anche di altri visitatori ) di fronte ai "lavori" esposti.

Le prime tre. In una bella stanza vengono esposti 11 pannelli per un totale di 1350 fotografie, tutte fatte di notte, il soggetto è visibile, cancelli, strade,cartelli stradali,macchine e via discorrendo...qualità fotografica inesistente, il concetto? la ripetizione?, la monotonia? non saprei, dopo due minuti ero uscito.

Le successive tre. Qui di fotografie non ce ne sono proprio, così da togliere ogni dubbio a chi pensava di essere andato a vedere un festival di foto. Siamo all'ex ospedale psichiatrico di Reggio Emilia, significato? Spiegatemelo voi, questa è una istallazione ( che ormai hanno preso il sopravvento ) totalmente estranea al concetto di fotografia e da qui il titolo del post OFF TOPIC.

Penultima. Anche questa non ha nessun nesso, è una istallazione ma non mi è dispiaciuto il concetto del trapano a mano che tritura la fotografia, certamente questo festival l'ha fatto

Ultima. Delle foto! Eureka!

Spero che Cortona non mi deluda, è la mia ultima spiaggia






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Letizia Battaglia

date » 30-04-2017 14:17

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tags » letiziabattaglia, maxxi,

Ho visitato la mostra di Letizia Battaglia al MAXXI di Roma, un viaggio nell'Italia peggiore affrontato da questa grande donna con immenso coraggio e perseveranza.
In un periodo in cui la vita la rischiavi tutti i giorni per davvero, dove la mafia ci metteva un attimo a lasciarti steso per strada, crivellato di colpi, così come i tanti soggetti delle sue ormai famosissime e celebrate foto.
Ammiro sempre queste persone, si per il coraggio, ma anche per la passione suprema di mettere la documentazione (in questo caso fotografica, ma vale anche per lo scritto) prima di tutto, anche a rischio della propria vita o della propria salute mentale, sottoposta a continui stress, tra il fotografare gente morta ammazzata e ricevere minacce dirette, come testimoniato dalla lettera anonima nella quale, in modo sgrammaticato e diretto, la si invitava a lasciare Palermo per sempre.
Delle foto è inutile dire, sono patrimonio storico e culturale di tutti.
L'evento al MAXXI è ormai concluso, ma se vi capita di incrociare la mostra non lasciatevela scappare.

Potevo non parlare di Genesi ?

date » 29-12-2016 12:18

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Il mondo intero aspettava con trepidazione un mio parere sulla mostra di Salgado, Genesi, che ho visto proprio ieri a Forlì nella bella cornice del Museo di San Domenico.
Avendo scelto un anonimo Mercoledì pomeriggio pensavo di essere solo, o quasi, e di potermi gustare la mostra in pacifica solitudine, ma avevo sottovalutato quanto questo fotografo sia una vera star e come la sua fama abbia raggiunto persone non necessariamente appassionate di fotografia ma semplici amanti del bello in generale.
Con la piacevole sorpresa di avere anche una scolaresca di livello elementare a cui venivano spiegate le singole foto, sia come soggetto sia come tecnica di ripresa, da una brava accompagnatrice. Il bello non ha età e lo stupore dei bambini è unico.

Genesi è un'opera monumentale, scattata coraggiosamente in bianco e nero, coprendo tutti i continenti e prolungandosi per diversi anni creando, come dirò dopo, non pochi problemi tecnici al fotografo.
Scegliere di togliere il colore alla natura più selvaggia, al profondo azzurro dei ghiacciai o al verde intenso delle foreste amazzoniche, porta il visitatore a cercare con maggiore attenzione nei dettagli nascosti all'intero della foto.
Scorgere una figura umana nell'intreccio di una foresta di alberi secolari o scovare un uccello nella distesa di ghiaccio grigio, ti catapulta all'interno del progetto e, a volte, tanta è la bravura del fotografo, che pare di essere sul luogo e di sentirne i rumori, o i silenzi.

Come scrivevo prima, Salgado ha dovuto affrontare alcuni problemi tecnici durante la realizzazione del progetto, primo fra tutti l'essere costretto a passare dal medio formato analogico al digitale, causa cessazione della produzione della pellicola con la quale aveva deciso di lavorare. Ha quindi ripreso parte del lavoro in digitale ma, per dare uniformità al tutto, ha riportato gli scatti in analogico, facendo il percorso inverso a quello ormai abituale che tutti conosciamo. Un processo molto complicato e delicato, ben spiegato QUI che però, a mio modestissimo parere, ha creato alcuni danni.

Osservando alcune foto mi sono sentito decisamente a disagio, la spiacevole sensazione di trovarmi di fronte a foto in cui il foto ritocco è stato eccessivo e invadente, potrei dire imbarazzante se paragonato con altre foto, magari esposte li accanto, dove la naturalezza del risultato portava ad un confronto impietoso.
Non so, forse mi sbaglio, andrebbe visto dal vero per poter giudicare, non nascondo però che un certo amaro in bocca mi è rimasto, al di la dell'immensità del lavoro, della qualità delle riprese e della bellezza, smisurata e struggente, di questa nostra terra.

La digitale ce l'ho

date » 28-08-2016 12:58

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Come detto nel primissimo post preferisco ancora la pellicola al digitale e, non solo, preferisco di gran lunga una foto fatta con la Holga (la citata scatoletta di plastica) ad una foto digitale.
Ma la digitale ce l'ho, perché certamente è uno strumento interessante e il mio modello è certamente molto (troppo) completo e mi permette(rebbe) di affrontare qualsiasi situazione con la certezza di portare a casa il risultato. Non è un modello da professionisti ma, d'altronde, neanche io lo sono per cui siamo pari.
Per avere una idea di cosa avevo comprato mi sono stampato il manuale d'istruzioni, oltre 170 pagine di informazioni, impostazioni e consigli vari.
Ovviamente si parte da come accendere la fotocamera al come mettere la pila ma, purtroppo per me, la stragrande maggioranza delle informazioni sono necessarie per avere un controllo minimo del mezzo.
Dopo averlo ripetutamente letto, almeno alcune sezioni, oggi posso dire di conoscere la macchina al 35% forse 40%.
Una delle cose che mi fa più impazzire è la memorizzazione della combinazione di tasti da utilizzare per attivare,disattivare o verificare la tal funzione.
Un tetris per me impossibile, che certifica impietosamente la mia poca attitudine rispetto alla tecnologia complessa.
Sono analogico dentro e questa estate ne ho avuto la conferma definitiva nel momento in cui mi sono incontrato con un amico, lui si utilizzatore digitale, e abbiamo passato un paio di giorni insieme sulle Dolomiti.
Bene, ho li scoperto il braketing tra pellicole, una delle più banali funzioni delle digitali moderne, la mia compresa, ovvero lo scatto di tre foto simultanee. Lui aveva scelto una con effetto Astia e due in bianco e nero con filtri diversi, uno rosso per avere un buon risultato nelle panoramiche, e uno verde per il ritratto scegliando dopo quale utilizzare e quale cancellare.
Ecco io non c'ero arrivato, per me il braketing era e rimaneva la famosa "forchetta" espositiva dove aumentavi e diminuivi gli stop per averne comunque una con l'esposizione corretta. Il massimo del modernismo è che la macchina li faceva in sequenza e automaticamente.
Il braketing tra effetti mi ha umiliato.
Con la Holga non hai praticamente diaframmi ne tempi da usare, scatti e preghi Ansel Adams affinché qualcosa salti fuori, che sia a fuoco e possibilmente fermo, ma anche no, alla fine chi se ne frega.
Come posso conciliare queste due sponde, o meglio, lo dico in slang ultramoderno, come posso diventare multitasking?
Come posso utilizzare un mezzo in cui devo attivare bottoni, funzioni, memorizzazioni, livellatori, punti di messa a fuoco e braketing con un altro dove l'attività principale è quella di ricordarsi di togliere il tappo dall'obiettivo?
E' molto semplice, e la risposta è già nella prima riga, non lo farò mai.

Cortona on the move [again]

date » 31-07-2016 13:41

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E' passato un altro anno e il Cortona on the move si ripresenta ancora una volta pieno di interessanti esposizioni sulla fotografia di viaggio, anche se la definirei una carrellata di veri e propri reportage la cui qualità rimane, per i miei gusti, sempre molto alta.
In una bellissima giornata di sole infrasettimanale, e nonostante una città invasa dai turisti, anche quest'anno sono riuscito a godermi le mostre in totale solitudine, dandomi il tempo necessario per guardare e riguardare i vari lavori che sono distribuiti in belle location del centro storico e nella imponente Fortezza del Grifalco, qualche chilometro fuori Cortona.

Come detto trovo tutto il percorso corrispondente ai miei gusti di fotografia, quella che indaga e rappresenta la realtà delle cose, schiaffandoti in faccia la cruda immagine dei tempi che stiamo vivendo, passando per progetti faraonici come quello di Darcy Padilla che ha dedicato 21 anni a documentare la straziante vita di Julie nel suo progetto Family Love, al bellissimo Futuristic Archaeology di Daesung Lee sui cambiamenti climatici, ad altri lavori, più o meno corposi e di ottima qualità, tra cui segnalo anche Appleby di Mattia Zoppellaro, che si è meritato il privilegio di avere la propria immagine quale rappresentativa dell'intero festival ed è esposto all'esterno nei bei viali ombreggiati del Parco Parterre.

Sono però due i lavori che voglio segnalare con maggiore attenzione;

The Heavens, un lavoro di Paolo Woods e Gabriele Galimberti, che indaga a fondo su quelli che sono i paradisi fiscali nel mondo e di come sia facile eludere le tasse con l'avvio di società offshore creabili in pochi minuti e senza formalità alcuna, un network che coniuga sperduti uffici licenze in uno sperduto stato americano a paesi caraibici che delle società offshore hanno fatto la propria bandiera e ricchezza, dove si insegna in scuole pubbliche come amministrare questi capitali in modo che il futuro management sia autoctono.
Vedendo questa mostra, dopo aver compiuto un percorso fatto da immagini di sofferenza, povertà estrema e guerra, ci si trova di fronte alla sfrontatezza della ricchezza sfacciata, dell'opulenza cafona e fuori dalle regole, di persone che da sole possiedono più capitale di un piccolo stato.

L'altro è EUROPA una raccolta realizzata da vari autori della Magnum.
All'inizio il percorso narrativo pare il "solito" reportage sui migranti e sugli accadimenti di questi ultimi anni, passando per Lesbo, Lampedusa, la Croazia e l'Ungheria,le lotte in Palestina, i reticolati ed i muri di cemento armato.
Già questo basterebbe a turbare chiunque abbia un minimo di coscienza.
Ma poi, nello scorrere dei corridoi, alcune cose cambiano, le immagini sono diverse, così come le persone...non sono Africani questi, non sono Siriani che scappano dalla guerra, questi ci somigliano,siamo noi!
Sono i nostri genitori, e i nostri nonni, che scappano dai bombardamenti, che cercano rifugio e cibo portandosi dietro qualche vettovaglia, qualche straccio e i bambini piangenti.
Per poi arrivare, con un breve salto temporale, con la faccia davanti al muro di Berlino, alle famiglie separate, all'idiozia del genere umano che riesce sempre, e continuamente, a manifestare il peggio di se.
Loro oggi non sono altro che quello che siamo stati noi, ed è il messaggio che ho voluto cogliere da questo vero, e bellissimo, storyteller.

Chiudo infine segnalando il The Larry Towell Show della Magnum, un capitolo a parte che vi auguro di poter godere nella totale solitudine e silenzio, così come è capitato a me.

Confusione

date » 04-06-2016 16:47

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Come da una vecchia canzone di Battisti ho in testa solo confusione.
Vorrei dare un senso compiuto alle centinaia di foto ferme li, parcheggiate senza senso in una cartella del computer.
Pubblicarle su un blog di viaggi, creare un nuovo album, le devo stampare? Mi piacerebbe esporle ma chi le faccio vedere? Ah mi devo ricordare di quel sito...
Non ne posso più, è frustrante e non trovo il bandolo della matassa, anche se cerco di mettere ordine al turbinio di pensieri e di idee poi non appena affronto la cosa mi perdo in mille pensieri, mi scordo e non faccio niente.
Anche uscire nei soliti luoghi a fare le solite foto mi deprime, vorrei sempre essere dall'altra parte del mondo, dove la curiosità mi spinge a guardare e a fotografare di tutto.
Per poi ricominciare, cose ne faccio di queste foto?
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